mercoledì 29 aprile 2009

IL NUCLEARE PERDE COLPI NEL MONDO

di Alessandro Iacuelli - tratto da http://www.altrenotizie.org/


“Il 2008 è stato un anno un po’ paradossale per l´energia nucleare. E’ stato il primo anno dal 1955 in cui nemmeno un reattore nucleare è entrato in funzione”. A dichiarare tutto ciò è stato il direttore dalla International atomic energy agency (Iaea) Mohamed ElBaradei, nel suo intervento conclusivo alla “International ministerial conference on nuclear energy in the XXI century”, appena terminata a Pechino. Sono invece 10 i nuovi reattori che hanno visto l'inizio della loro costruzione: la crescita nucleare avviene tutta in Asia, con la Cina in testa, seguita da India e Russia. Invece, negli Stati Uniti la novità è la decisione da parte di Barack Obama di non finanziare nuovi impianti nucleari e senza fondi pubblici l’industria dell’atomo ha scarse possibilità di autosostenersi. Ancora una volta l'Italia è in controtendenza, con l'annuncio di riavviare il proprio programma nucleare.A conferma di questo quadro, arriva la relazione ministeriale italiana al G8 sull'Ambiente a Siracusa. Nella relazione infatti, si legge, a proposito delle quote di mercato dell'energia detenute dalle varie fonti di approvvigionamento, che “l'energia nucleare perde quote di mercato, passando dal 15 per cento nel 2006 al 13 per cento entro il 2015 e al 10 per cento entro il 2030. La quota di energia rinnovabile aumenterà considerevolmente, passando dal 18 per cento del totale di energia elettrica nel 2006 al 20 per cento nel 2015 e al 23 per cento nel 2030". Anche questo dato è un'autentica collisione con l'enfasi da campagna elettorale che da qualche mese, ed anche in occasione del vertice di Siracusa, accompagna il tema del ritorno al nucleare in Italia.Proseguendo nella lettura della relazione, vengono alla luce altre contraddizioni italiche: da un lato si decanta il riavvio del programma nucleare nel Bel Paese e contemporaneamente però si riportano le ricadute, tutte positive in campo economico e occupazionale, legate alla crescita progressiva delle rinnovabili. La produzione di elettricità da rinnovabili sorpasserà il gas diventando la seconda fonte a livello globale, dopo il carbone, prima del 2015. Anche la produzione di energia eolica crescerà di 11 volte diventando il numero due nel campo delle rinnovabili, subito dopo l'idroelettrico, entro il 2010, cioè in un anno a partire da ora.Nonostante questo ampio movimento tecnologico che sta attraversando il mondo dell'energia, per quanto riguarda l'Italia finora i tentativi di ridurre la dipendenza energetica sono falliti. Infatti, si è passati dall'82,8 per cento di fonti importate dall'estero nel 1990, all'85,8 per cento nel 2007. Per ora non si è trovata altra soluzione che passare ad un nucleare già obsoleto in partenza, che viene gradualmente abbandonato dal resto del mondo cosiddetto “avanzato” e le cui tecnologie attuative saranno comunque importate dall'estero, in particolare dalla Francia, non migliorando di certo l'indipendenza energetica: l'Italia non ha né uranio né la filiera per la produzione del combustibile nucleare.Sul piano della sicurezza, è ancora ElBaradei da Pechino a ricordare che “nel complesso, la sicurezza è molto migliore di quanto non fosse 10 anni fa, ma abbiamo ancora delle vulnerabilità per la salute e in materia di sicurezza, anche nei Paesi con significativi programmi nucleari. In alcuni Paesi si vede una preoccupante combinazione di vecchi reattori che sono mal gestiti o sottofinanziati e regolamentazioni deboli. Questo deve essere affrontato. È nel nostro interesse far sì che i più alti standard di sicurezza siano rispettati ovunque. Una forte attenzione alla salute e alla sicurezza dovrebbe essere considerata come un fattore abilitante per lo sviluppo dell'energia nucleare, piuttosto che come ostacoli.”. Anche in questo, l'Italia è in controtendenza.Proprio nella giornata dedicata alla Terra, il presidente USA Obama ha annunciato la sua "energy revolution": la rivoluzione basata su energie pulite. "La scelta cui siamo chiamati non è tra salvare l'ambiente o salvare l'economia, la scelta è tra prosperità o declino", dice Obama nello Stato dell'Iowa durante la celebrazione dell'Earth Day. E queste scelte, continua il presidente Usa, sono urgenti: "vanno fatte adesso, anche a nome delle generazioni future". Obama ha citato gli studi di alcuni esperti statunitensi, secondo cui attraverso la sola energia eolica l'America potrebbe generare entro il 2030 il 20 per cento del suo consumo energetico attuale, creando anche 250mila nuovi posti di lavoro. Investimenti massicci, per miliardi di dollari, verranno usati per modernizzare e rendere eco-compatibili le grandi strutture, dagli edifici pubblici ai treni, dall'energia off shore che sfrutta gli oceani a quella eolica e, soprattutto, la scelta di non finanziare nuovi reattori nucleari. In pratica, si attende che quelli attuali vadano in decomissioning a fine ciclo di vita, e nel frattempo si sostituisce quell'energia con qualcosa di meno pericoloso, di maggiore salubrità ed anche economicamente conveniente. Ma anche in questo, l'Italia, leader nel mediterraneo per mari, coste e venti, dimostra di essere in controtendenza, preferendo destinare montagne di soldi pubblici a lobby private, anche estere, che costruiranno centrali già vecchie in partenza. Gli affari sono affari.

venerdì 17 aprile 2009

" MA IO PER IL TERREMOTO NON DO NEMMENO UN EURO"

di Giacomo Di Girolamo.
Scusate, ma io non darò neanche un centesimo di euro a favore di chi raccoglie fondi per le popolazioni terremotate in Abruzzo. So che la mia suona come una bestemmia. E che di solito si sbandiera il contrario, senza il pudore che la carità richiede. Ma io ho deciso. Non telefonerò a nessun numero che mi sottrarrà due euro dal mio conto telefonico, non manderò nessun sms al costo di un euro. Non partiranno bonifici, né versamenti alle poste. Non ho posti letto da offrire, case al mare da destinare a famigliole bisognose, né vecchi vestiti, peraltro ormai passati di moda.
Ho resistito agli appelli dei vip, ai minuti di silenzio dei calciatori, alle testimonianze dei politici, al pianto in diretta del premier. Non mi hanno impressionato i palinsesti travolti, le dirette no – stop, le scritte in sovrimpressione durante gli show della sera. Non do un euro. E credo che questo sia il più grande gesto di civiltà, che in questo momento, da italiano, io possa fare.
Non do un euro perché è la beneficienza che rovina questo Paese, lo stereotipo dell’italiano generoso, del popolo pasticcione che ne combina di cotte e di crude, e poi però sa farsi perdonare tutto con questi slanci nei momenti delle tragedie. Ecco, io sono stanco di questa Italia. Non voglio che si perdoni più nulla. La generosità, purtroppo, la beneficienza, fa da pretesto. Siamo ancora lì, fermi sull’orlo del pozzo di Alfredino, a vedere come va a finire, stringendoci l’uno con l’altro. Soffriamo (e offriamo) una compassione autentica. Ma non ci siamo mossi di un centimetro.
Eppure penso che le tragedie, tutte, possono essere prevenute. I pozzi coperti. Le responsabilità accertate. I danni riparati in poco tempo. Non do una lira, perché pago già le tasse. E sono tante. E in queste tasse ci sono già dentro i soldi per la ricostruzione, per gli aiuti, per la protezione civile. Che vengono sempre spesi per fare altro. E quindi ogni volta la Protezione Civile chiede soldi agli italiani. E io dico no. Si rivolgano invece ai tanti eccellenti evasori che attraversano l’economia del nostro Paese.E nelle mie tasse c’è previsto anche il pagamento di tribunali che dovrebbero accertare chi specula sulla sicurezza degli edifici, e dovrebbero farlo prima che succedano le catastrofi. Con le mie tasse pago anche una classe politica, tutta, ad ogni livello, che non riesce a fare nulla, ma proprio nulla, che non sia passerella.
C’è andato pure il presidente della Regione Siciliana, Lombardo, a visitare i posti terremotati. In un viaggio pagato – come tutti gli altri – da noi contribuenti. Ma a fare cosa? Ce n’era proprio bisogno?Avrei potuto anche uscirlo, un euro, forse due. Poi Berlusconi ha parlato di “new town” e io ho pensato a Milano 2 , al lago dei cigni, e al neologismo: “new town”. Dove l’ha preso? Dove l’ha letto? Da quanto tempo l’aveva in mente?
Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio, ma tutto deve essere masticato, riprodotto, ad uso e consumo degli spettatori. Ecco come nasce “new town”. E’ un brand. Come la gomma del ponte.
Avrei potuto scucirlo qualche centesimo. Poi ho visto addirittura Schifani, nei posti del terremoto. Il Presidente del Senato dice che “in questo momento serve l’unità di tutta la politica”. Evviva. Ma io non sto con voi, perché io non sono come voi, io lavoro, non campo di politica, alle spalle della comunità. E poi mentre voi, voi tutti, avete responsabilità su quello che è successo, perché governate con diverse forme - da generazioni - gli italiani e il suolo che calpestano, io non ho colpa di nulla. Anzi, io sono per la giustizia. Voi siete per una solidarietà che copra le amnesie di una giustizia che non c’è.
Io non lo do, l’euro. Perché mi sono ricordato che mia madre, che ha servito lo Stato 40 anni, prende di pensione in un anno quasi quanto Schifani guadagna in un mese. E allora perché io devo uscire questo euro? Per compensare cosa? A proposito. Quando ci fu il Belice i miei lo sentirono eccome quel terremoto. E diedero un po’ dei loro risparmi alle popolazioni terremotate.
Poi ci fu l’Irpinia. E anche lì i miei fecero il bravo e simbolico versamento su conto corrente postale. Per la ricostruzione. E sappiamo tutti come è andata. Dopo l’Irpinia ci fu l’Umbria, e San Giuliano, e di fronte lo strazio della scuola caduta sui bambini non puoi restare indifferente.
Ma ora basta. A che servono gli aiuti se poi si continua a fare sempre come prima?Hanno scoperto, dei bravi giornalisti (ecco come spendere bene un euro: comprando un giornale scritto da bravi giornalisti) che una delle scuole crollate a L’Aquila in realtà era un albergo, che un tratto di penna di un funzionario compiacente aveva trasformato in edificio scolastico, nonostante non ci fossero assolutamente i minimi requisiti di sicurezza per farlo.
Ecco, nella nostra città, Marsala, c’è una scuola, la più popolosa, l’Istituto Tecnico Commerciale, che da 30 anni sta in un edificio che è un albergo trasformato in scuola. Nessun criterio di sicurezza rispettato, un edificio di cartapesta, 600 alunni. La Provincia ha speso quasi 7 milioni di euro d’affitto fino ad ora, per quella scuola, dove – per dirne una – nella palestra lo scorso Ottobre è caduto con lo scirocco (lo scirocco!! Non il terremoto! Lo scirocco! C’è una scala Mercalli per lo scirocco? O ce la dobbiamo inventare?) il controsoffitto in amianto.
Ecco, in quei milioni di euro c’è, annegato, con gli altri, anche l’euro della mia vergogna per una classe politica che non sa decidere nulla, se non come arricchirsi senza ritegno e fare arricchire per tornaconto.Stavo per digitarlo, l’sms della coscienza a posto, poi al Tg1 hanno sottolineato gli eccezionali ascolti del giorno prima durante la diretta sul terremoto. E siccome quel servizio pubblico lo pago io, con il canone, ho capito che già era qualcosa se non chiedevo il rimborso del canone per quella bestialità che avevano detto.
Io non do una lira per i paesi terremotati. E non ne voglio se qualcosa succede a me. Voglio solo uno Stato efficiente, dove non comandino i furbi. E siccome so già che così non sarà, penso anche che il terremoto è il gratta e vinci di chi fa politica. Ora tutti hanno l’alibi per non parlare d’altro, ora nessuno potrà criticare il governo o la maggioranza (tutta, anche quella che sta all’opposizione) perché c’è il terremoto. Come l’11 Settembre, il terremoto e l’Abruzzo saranno il paravento per giustificare tutto.
Ci sono migliaia di sprechi di risorse in questo paese, ogni giorno. Se solo volesse davvero, lo Stato saprebbe come risparmiare per aiutare gli sfollati: congelando gli stipendi dei politici per un anno, o quelli dei super manager, accorpando le prossime elezioni europee al referendum. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E ogni nuova cosa che penso mi monta sempre più rabbia.
Io non do una lira. E do il più grande aiuto possibile. La mia rabbia, il mio sdegno. Perché rivendico in questi giorni difficili il mio diritto di italiano di avere una casa sicura. E mi nasce un rabbia dentro che diventa pianto, quando sento dire “in Giappone non sarebbe successo”, come se i giapponesi hanno scoperto una cosa nuova, come se il know – how del Sol Levante fosse solo un’ esclusiva loro. Ogni studente di ingegneria fresco di laurea sa come si fanno le costruzioni. Glielo fanno dimenticare all’atto pratico.
E io piango di rabbia perché a morire sono sempre i poveracci, e nel frastuono della televisione non c’è neanche un poeta grande come Pasolini a dirci come stanno le cose, a raccogliere il dolore degli ultimi. Li hanno uccisi tutti, i poeti, in questo paese, o li hanno fatti morire di noia.Ma io, qui, oggi, mi sento italiano, povero tra i poveri, e rivendico il diritto di dire quello che penso.Come la natura quando muove la terra, d’altronde.
Giacomo Di Girolamo